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La sostenibilità è (anche) digitale

La sostenibilità è (anche) digitale

Le infrastrutture tecnologiche si mettono al servizio della transizione ecologica: è iniziata l’era della sostenibilità digitale.

I due eventi globali più significativi del XXI secolo, digital transformation e transizione ecologica, sono più interconnessi di quanto si pensi. Se gli obiettivi green si fanno più ambiziosi e il tempo a disposizione per raggiungerli diminuisce, gli sforzi devono raddoppiare, supportati dalle nuove tecnologie. E qui interviene la “sostenibilità digitale”, che non si concentra solo sul garantire la sostenibilità stessa della rivoluzione digitale, ma anche sul mettere la digitalizzazione al servizio della sostenibilità su una più larga scala, fungendo da motore per la rivoluzione verde.

Secondo un report di Ericcson, per esempio, le tecnologie ICT sarebbero già di per sé in grado di ridurre l’emissione di gas serra del 15%, agendo in modo trasversale in tutti i settori, dall’energia all’edilizia ai trasporti, dai viaggi al lavoro ai servizi e persino nell’agricoltura. Ma l’impatto positivo della digital transformation non si limita all’ambiente. Investe anche l’economia e la società, aprendo la strada per un mondo più sano, resiliente e inclusivo.

Cos’è la sostenibilità digitale?

La sostenibilità digitale non è altro che l’applicazione e lo sviluppo delle tecnologie digitali ai fini della tutela e della rigenerazione ambientale, nonché della sostenibilità economica e sociale. L’implementazione del digitale, di per sé, non costituisce necessariamente un fattore positivo per l’ambiente. Basti pensare che la sola industria IT oggi produce il 3% delle emissioni di CO2 a livello mondiale e gli apparecchi di cui si serve contengono terre rare e altre sostanze difficili da reperire e da smaltire. Eppure un modo c’è per conciliare rispetto dell’ambiente e digitalizzazione, anzi, l’uno non può prescindere dall’altra.

Non è un caso che si tenda a non scindere nemmeno più i due aspetti – transizione ecologica e digitale –, riunendoli nell’idea di twin transition. In ottica ambientale, la sostenibilità digitale è l’alleato più prezioso per raggiungere la tanto agognata neutralità climatica e gli obiettivi ONU di sviluppo sostenibile. Come evidenzia il prof. Stefano Epifani, presidente del Digital Transformation Institute, «la trasformazione digitale è una vera e propria rivoluzione di senso. Non guarda soltanto al come si fanno le cose, ma definisce cosa abbia senso fare in un contesto che vede nel digitale un elemento di trasformazione di persone, ambiente, economia e società. Ma anche e soprattutto uno strumento per costruire un futuro migliore. Ed il futuro sarà migliore se sostenibile».

IoT, sensori, IA e ICT, ovvero gli ingredienti principali della trasformazione smart di servizi, edifici, trasporti e intere città, sono certamente la chiave di volta per diminuire i consumi di materie prime e di energia e le conseguenti emissioni. Ma dovranno essere accompagnati da un radicale mutamento dei nostri paradigmi di sviluppo, di business e di consumo per non sprecare il loro potenziale. Un potenziale che riguarda l’ambiente tanto quanto l’economia e la società.

Il digitale per la sostenibilità economica e sociale

Come dimostra lo studio “Digitalizzazione e sostenibilità per la ripresa dell’Italia”, realizzato da The European House – Ambrosetti in collaborazione con Microsoft Italia, l’introduzione di tecnologie digitali ha aumentato la produttività delle aziende del 64%. Ed è innegabile che la digitalizzazione porti con sé anche opportunità di risparmio notevoli, diversificate a seconda del settore in cui l’azienda opera. Dall’ottimizzazione della produzione a quella della manutenzione, della gestione di uffici e fabbriche, della vendita, della burocrazia e della collaborazione tra i colleghi.

Inserire in questo quadro il driver della sostenibilità, al contrario di ciò che i più scettici potrebbero pensare, non costituisce un freno all’economia. Mentalità ecologica, guadagno e attenzione al cliente possono tranquillamente coesistere. Bisogna solo essere disposti a cambiare il modo in cui si fa business, partendo dalla consapevolezza dell’impatto del digitale sull’ambiente e sulle persone. Dopotutto, sono i consumatori stessi a richiedere un’attenzione al tema, pretendendo dai brand un impegno concreto a favore dell’ambiente e dei lavoratori.

A tal proposito, infatti, molto conta anche il risvolto sociale dell’utilizzo della tecnologia. A cosa serve impostare modelli di sviluppo, di business e di consumo vincenti e rispettosi dell’ambiente, se non tutti potranno approfittare dei loro vantaggi? La sostenibilità digitale dovrà perciò investire tutti, per creare un mondo più inclusivo appianando le disuguaglianze.

Quali sono i prossimi passi?

Come sempre, tuttavia, esiste ancora un grande gap di competenze e di consapevolezza che rallenta l’avanzata della sostenibilità digitale e con essa la twin transition. Next Generation EU è l’occasione più grande che si sia mai presentata ai paesi europei dal punto di vista dei fondi a disposizione. E il piano di ripresa post-Covid da oltre 800 miliardi di euro – in Italia declinato dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) – si concentra proprio su green e digitale per dare forma all’Europa del futuro.

Ma per poterne approfittare sarà innanzitutto necessario diffondere una cultura digitale e sostenibile che prepari il terreno all’introduzione del digitale nelle vite di tutti. Se le PA e gli enti pubblici sapranno dotarsi di competenze specifiche e prendere le giuste decisioni in materia, rispondendo alle reali esigenze dei cittadini, se le aziende sapranno inserire la sostenibilità digitale tra i loro obiettivi, facendo business in modo responsabile e inclusivo, se i cittadini saranno disposti a cambiare le loro abitudini contribuendo anche nel loro piccolo a costruire un mondo più sano e più giusto, allora un futuro diverso e migliore non è soltanto possibile, ma addirittura vicino.

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