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Agenda 2030: la salute al centro

Agenda 2030: la salute al centro

Ricordate l’Agenda 2030? Scopriamo a che punto siamo nel raggiungimento degli obiettivi che delinea per l’avvento di un mondo più salutare e sostenibile.

Quando sentiamo parlare di sostenibilità siamo immediatamente portati a pensare alla tutela dell’ambiente e al tentativo di invertire il cambiamento climatico. Ciò è solo parzialmente vero: la transizione ecologica è parte di un processo ben più ampio e onnicomprensivo volto a trasformare il nostro modello di sviluppo per renderlo più sostenibile ed equo non solo per il pianeta, ma anche per la società. E dal 2015 esiste un documento che ben riassume il rapporto simbiotico tra pianeta ed esseri umani, economia e società, natura e benessere. È l’Agenda 2030, con i suoi 17 obiettivi per uno sviluppo sostenibile.

Al centro dell’Agenda e in cima alle priorità di ogni Stato oggi c’è un argomento in particolare: la salute dell’uomo e del pianeta, causa e conseguenza delle disuguaglianze che ancora oggi sussistono nel mondo e dunque condizione indispensabile per dare forma a un futuro sostenibile. La pandemia l’ha reso ancora più evidente.

Cos’è l’Agenda 2030

Il 2015 è stato un anno di svolta per la presa di consapevolezza da parte degli Stati del loro ruolo decisionale rispetto alla questione climatica e alla promozione di uno stile di vita sostenibile. Il 12 dicembre alla XXI Conferenza delle Parti dell’UNFCCC 196 stati hanno negoziato il contenuto dell’Accordo di Parigi, con l’obiettivo finale di contenere l’innalzamento delle temperature globali entro 1,5° rispetto all’era preindustriale, per limitare gli effetti del cambiamento climatico.

Ma già il 25 settembre 193 Paesi sottoscrivevano l’Agenda 2030 dell’ONU, ammettendo l’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo e impegnandosi a idearne uno che garantisse un futuro al pianeta e ai suoi abitanti. Un allargamento di prospettive che sottolinea come la tutela dell’ambiente debba essere funzionale anche alla tutela e alla maggiore diffusione del benessere tra le persone.

Sono 5 i concetti (le 5 P) attorno ai quali ruotano i 17 Sustainable Development Goals (SDGs) e i 169 target che compongono l’Agenda 2030. Il loro scopo è di guidare i paesi firmatari nella transizione verso un modello di sviluppo sostenibile.

  • People (Persone): garantire uguaglianza e dignità a tutti eliminando fame e povertà.
  • Prosperity (Prosperità): garantire a tutti vite prospere e appaganti, in armonia con la natura.
  • Peace (Pace): sviluppare società giuste e pacifiche.
  • Partnership (Parternariato): implementare l’agenda sulla base di una solida partnership globale.
  • Planet (Pianeta): preservare le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future.

I 17 obiettivi basati su queste linee guida sono interconnessi e ognuno è presupposto necessario per il raggiungimento degli altri. L’approccio è perciò sistemico e impedisce di tralasciare o, peggio, danneggiare un aspetto mentre se ne soddisfa un altro. Ma a che punto siamo dopo 6 anni dalla sottoscrizione dell’Agenda (e a 9 anni dalla data di termine)?

A che punto siamo?

Le ricadute sociali ed economiche della pandemia hanno rallentato sensibilmente il progresso verso gli obiettivi, mettendone perciò a rischio il raggiungimento entro il 2030. Le disuguaglianze aumentano in tutto il mondo, sia all’interno dei paesi che tra paesi diversi, uno scenario opposto a quello che l’Agenda 2030 vorrebbe tracciare. E questa situazione si riflette sulla capacità di perseguire diversi obiettivi, soprattutto quelli più direttamente legati al sociale: povertà, salute, educazione, uguaglianza di genere e condizione economica e occupazionale.

In Italia, naturalmente, le cose non vanno meglio. Come dimostra il rapporto 2021 dell’ASviS, che si riferisce al 2020, in Italia tra 2019 e 2020 si registra un miglioramento soltanto su 3 obiettivi. Sono il 7 (sistema energetico sostenibile), il 13 (lotta al cambiamento climatico) e il 16 (promuovere società pacifiche e inclusive). Per 3 obiettivi – il 2 (alimentazione e agricoltura sostenibile), il 6 (acqua) e il 9 (innovazione) – la situazione è stabile. Ma per altri 9 l’Italia sta peggiorando invece di migliorare: l’1 (povertà), il 3 (salute), il 4 (educazione), il 5 (uguaglianza di genere), l’8 (condizione economica e occupazionale), il 10 (disuguaglianze), l’11 (condizioni delle città), il 15 (ecosistema terrestre) e il 17 (cooperazione internazionale).

La salute a dura prova

La pandemia ha perciò avuto il merito di rendere una volta per tutte chiaro, se ce ne fosse ancora bisogno, come la salute – protagonista dell’obiettivo 3 (Assicurare la salute e il benessere per tutti e per tutte le età) dell’Agenda 2030 con 13 target e 28 indicatori – sia il presupposto di ogni altro genere di sviluppo. Nonostante l’aumento dell’aspettativa di vita, la riduzione dei tassi di mortalità infantile e materna e la debellazione o la diminuzione dell’incidenza di malattie killer (HIV, malaria, poliomelite, tubercolosi), infatti, siamo ancora lontanissimi dal garantire un’assistenza sanitaria adeguata e un ambiente sano a tutti.

La denutrizione, il mancato accesso ai farmaci, l’insorgenza di nuove malattie, il mancato accesso delle donne a un’assistenza sanitaria riproduttiva, l’aumento dei rifiuti e l’inquinamento dell’aria e delle acque continuano a essere fattori destabilizzanti e di disuguaglianza. Per non parlare dell’aumento di eventi climatici estremi, che metteranno ulteriormente a dura prova i sistemi più fragili.

La salute è uno dei più importanti indicatori del benessere e dello sviluppo sostenibile di uno Stato. Anche perché fortemente connessa ad altri indicatori, come povertà, fame, istruzione, parità di genere e uguaglianza, acqua pulita, lavoro e crescita economica, pace e giustizia. Non resta che impegnarsi per un’accelerazione degli sforzi, anche grazie ai finanziamenti del PNRR e sull’onda delle rassicurazioni offerte da molti Governi. È ora di pensare a soluzioni sanitarie davvero utili alle diverse esigenze delle persone e delle nazioni. Ma è soprattutto ora di ideare un modello di sviluppo resiliente, per superare con facilità gli imprevisti, a partire da quelli sanitari come il Covid.

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