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Batterie sostenibili organiche: cosa sono?

Un’università australiana ha trovato il modo di produrre batterie sostenibili a base di composti organici.

L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili rappresenta il futuro dell’energia, ma per conservarla sono indispensabili batterie difficili sa smaltire e soprattutto da riciclare. Ecco perché il settore delle batterie ad accumulo è un terreno di ricerca particolarmente importante. Dovrà presto produrre soluzioni sostenibili per non trasformare un’invenzione innovativa in un problema irrisolvibile. La Flinders University di Adelaide (Australia) si è distinta proprio su questo fronte, costruendo batterie domestiche organiche sostenibili.

Le tradizionali batterie agli ioni di litio hanno consentito una proliferazione di dispositivi portatili e persino dei veicoli elettrici. Ma la crescente domanda di litio, cobalto e altre risorse minerali ha portato a una serie di impatti sociali e ambientali che hanno aumentato la necessità di maggiore sicurezza nell’uso e nello smaltimento delle batterie. Lo sviluppo di batterie ricaricabili da materiali sostenibili e di provenienza etica è una potenziale alternativa, anche se necessita ancora di essere messo a punto. La ricerca in tutto il mondo si sta perciò concentrando sul miglioramento della tensione delle celle delle batterie completamente organiche, della capacità e della durata dei materiali per contribuire al loro riciclaggio in ottica circolare.

Il problema delle batterie al litio

Ultimamente, a fronte di una contrazione dei mercati conseguente la pandemia, abbiamo assistito a un aumento della produzione e dell’acquisto di veicoli elettrici. Allo stesso modo, si stanno diffondendo nelle case piccoli impianti di autoproduzione di energia elettrica a partire da fonti rinnovabili, tra fotovoltaico, solare ed eolico. Cos’hanno in comune questi due contesti? La necessità di batterie ad accumulo di corrente elettrica, per conservarla in attesa di averne bisogno. Trasporti ed edilizia, oltretutto, sono anche i primi settori per consumo energetico ed emissioni di carbonio, perciò avranno urgente bisogno di batterie, se è vero che l’elettrificazione è la strada maestra per la creazione di un modello di sviluppo sostenibile.

Il problema è che, ad oggi, la produzione e lo smaltimento di batterie non sono processi sostenibili e tra qualche anno – giusto il tempo che le batterie in uso smettano di funzionare – potremmo trovarci sommersi di rifiuti difficili da riciclare. Il loro ingrediente principale sono gli ioni di litio, che hanno diversi vantaggi rispetto al nichel, utilizzato in precedenza. Consentono di creare accumulatori più piccoli, di ogni forma e dimensione, velocemente ricaricabili, leggeri e con un’auto-scarica trascurabile. Ma anche privi dell’“effetto memoria”, che obbligava a scaricare completamente le batterie prima di ricaricarle per evitare una precoce obsolescenza.

Tuttavia, il litio è un materiale pericoloso e infiammabile, che esplode ad alte temperature. Inoltre, le batterie al litio hanno una data di scadenza. Perdono di capacità dal momento stesso in cui vengono fabbricate e dopo 2/3 anni cominciano a creare problemi. Come se non bastasse, il litio è sempre più raro. Se è vero che nel 2030 il mondo funzionerà a batterie, bisognerà accelerare la nostra capacità di riciclarlo, per fabbricarne di nuove senza esaurirlo. Oppure si potrebbe trovare il modo di produrre accumulatori di elettricità con altri materiali, possibilmente organici.

Le batterie sostenibili organiche

La Flinders University ha intrapreso proprio questo percorso, arrivando a produrre batterie sostenibili biodegradabili. Sono un perfetto esempio di ORB (Organic Radical Battery), che in questo momento rappresentano forse l’alternativa sostenibile più promettente alle batterie agli ioni di litio. Al posto dei metalli, infatti, le ORB contengono polimeri plastici privi di tossicità e non infiammabili. Una soluzione che consente loro persino di incrementare la propria capacità teorica rispetto alle batterie tradizionali, raggiungendo 147 mAh/g.

Perché allora le ORB non sono già in commercio? Perché non sono ancora perfette. Restano da eliminare almeno due problemi: la realizzazione dell’elettrodo negativo e la sintesi di un polimero stabile. I ricercatori australiani e cinesi della Flinders, in collaborazione con altri atenei, hanno invece trovato il modo di sviluppare una batteria domestica a base di polimeri organici e capace di fornire 2,8 V di tensione di cella. Ne hanno perciò migliorato la capacità di accumulo grazie a un design innovativo e alla chimica.

«Anche se iniziamo con piccole batterie domestiche, sappiamo già che i materiali organici redox-attivi sono comprovate alternative elettro-attive essendo intrinsecamente sicure, leggere e strutturabili e, soprattutto, sostenibili e rispettose dell’ambiente», ha affermato il Dr. Zhongfan Jia, insegnante di chimica e ricercatore all’Istituto Istituto «Sebbene la capacità necessiti di ulteriori miglioramenti, il nostro lavoro mostra la promessa di sviluppare batterie ad alta tensione».

Il prossimo step, in collaborazione con la Zhejiang Sci-Tech University in Cina, sarà la fabbricazione di una batteria del tutto biodegradabile, con una tensione di cella di almeno 3 V e una capacità di accumulo di almeno 200 mAh/g.

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