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L'obiettivo 9 dell'Agenda 2030 parla chiaro: non può esistere sviluppo sostenibile senza infrastrutture resilienti.

Infrastrutture resilienti: il segreto per una crescita sostenibile

L’obiettivo 9 dell’Agenda 2030 parla chiaro: non può esistere sviluppo sostenibile senza infrastrutture resilienti.

Gli investimenti nelle infrastrutture – trasporti, irrigazione, rifiuti, energia e tecnologie dell’informazione e della comunicazione – sono fondamentali per raggiungere uno sviluppo sostenibile perché costituiscono il fondamento delle comunità e dei servizi che la alimentano. A illuminare la strada da percorrere ci pensa l’obiettivo 9 dell’Agenda 2030, che mira a costruire infrastrutture resilienti, promuovere l’industrializzazione sostenibile e favorire l’innovazione.

Cosa dice l’obiettivo 9 dell’Agenda 2030?

La crescita economica, lo sviluppo sociale e l’azione per il clima dipendono fortemente dagli investimenti nelle infrastrutture, nello sviluppo industriale sostenibile e nel progresso tecnologico. Di fronte a un panorama economico globale in rapido cambiamento e alle crescenti disuguaglianze, il progresso deve includere un’industrializzazione che, in primo luogo, renda le opportunità accessibili a tutte le persone e, in secondo luogo, sia supportata dall’innovazione e da infrastrutture resilienti. Investire nelle infrastrutture significa inoltre liberare forze economiche dinamiche e competitive che generano occupazione e reddito, svolgono un ruolo chiave nello sviluppo di nuove tecnologie e migliorano la vita delle persone.

Per raggiungere l’Obiettivo 9 entro il 2030 è essenziale sostenere i paesi meno sviluppati perché possano avere accesso agli stessi vantaggi. Il mancato miglioramento delle infrastrutture e la mancata promozione dell’innovazione tecnologica potrebbero infatti tradursi in scarsa assistenza sanitaria, servizi igienico-sanitari inadeguati, accesso limitato all’istruzione, difficoltà di approvvigionamento di cibi sani e altre minacce allo stile di vita delle comunità.

In particolare, in un’era in cui cominciamo ad avvertire gli effetti del cambiamento climatico, è fondamentale realizzare infrastrutture resilienti, che superino indenni anche le sfide più ardue.

Cosa sono le infrastrutture resilienti?

La caratteristica distintiva delle infrastrutture resilienti al clima è che sono pianificate, progettate, costruite e gestite in modo da anticipare i cambiamenti delle condizioni climatiche e adattarvisi. Ciò significa che possono resistere e riprendersi rapidamente nel caso di interruzioni causate da eventi climatici.

La misura in cui il cambiamento climatico si traduce in rischi per le infrastrutture dipende dall’interazione dei rischi climatici con la loro esposizione e vulnerabilità. I rischi possono dunque essere ridotti da una parte collocando le risorse in aree meno esposte ai rischi climatici e dall’altra rendendo le infrastrutture maggiormente in grado di far fronte agli impatti climatici quando si materializzano.

La resilienza climatica dei singoli asset infrastrutturali dovrebbe essere valutata nel contesto del sistema. Considerare gli impatti climatici per singoli asset è infatti necessario ma non sufficiente per garantire che il sistema funzioni in modo affidabile. Data la natura contestuale dell’adattamento climatico, le misure utilizzate per raggiungere questo obiettivo varieranno ampiamente. Si possono suddividere in due macrocategorie: misure di adattamento strutturale o gestionale.

I target dell’obiettivo 9

Le infrastrutture resilienti sono perciò protagoniste dell’obiettivo 9, che declina il tema in più target e azioni da completare:

9.1 Sviluppare infrastrutture di qualità, affidabili, sostenibili e resilienti, comprese le infrastrutture regionali e transfrontaliere, per sostenere lo sviluppo economico e il benessere umano, con particolare attenzione all’accesso conveniente ed equo per tutti.

9.2 Promuovere un’industrializzazione inclusiva e sostenibile e, entro il 2030, aumentare significativamente la quota di occupazione e il prodotto interno lordo dell’industria, in linea con le circostanze nazionali, e raddoppiare la sua quota nei paesi meno sviluppati.

9.3 Aumentare l’accesso delle piccole imprese industriali e di altro tipo, in particolare nei paesi in via di sviluppo, ai servizi finanziari, compreso il credito a prezzi accessibili, e la loro integrazione nelle catene del valore e nei mercati.

9.4 Entro il 2030, aggiornare le infrastrutture e ammodernare le industrie per renderle sostenibili, con una maggiore efficienza nell’uso delle risorse e una maggiore adozione di tecnologie e processi industriali puliti e rispettosi dell’ambiente, con tutti i paesi che agiscano in conformità con le rispettive capacità.

9.5 Potenziare la ricerca scientifica, aggiornare le capacità tecnologiche dei settori industriali in tutti i paesi, in particolare nei paesi in via di sviluppo, incoraggiando entro il 2030 l’innovazione e aumentando sostanzialmente il numero di lavoratori di ricerca e sviluppo per 1 milione di persone e la spesa pubblica e privata per ricerca e sviluppo.

9.A Facilitare lo sviluppo sostenibile e resiliente delle infrastrutture nei paesi in via di sviluppo attraverso un maggiore sostegno finanziario, tecnologico e tecnico ai paesi africani, ai paesi meno sviluppati, ai paesi in via di sviluppo senza sbocco sul mare e ai piccoli stati insulari in via di sviluppo 18.

9.B Sostenere lo sviluppo tecnologico interno, la ricerca e l’innovazione nei paesi in via di sviluppo, anche garantendo un contesto politico favorevole, tra l’altro, alla diversificazione industriale e all’aggiunta di valore alle materie prime.

9.C Aumentare significativamente l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e impegnarsi a fornire un accesso universale e conveniente a Internet nei paesi meno sviluppati entro il 2020.

A che punto è l’Italia?

L’avanzamento dell’Italia verso il raggiungimento dell’obiettivo 9 sulle infrastrutture resilienti procede più lentamente di quanto dovrebbe. Lo sancisce il DEF (Documento Economico Finanziario) 2023, che definisce insufficienti i risultati raggiunti in tal senso. Ciò è vero in diversi campi e in particolare nei settori energetico, dei trasporti e della gestione idrica. Andrebbero per esempio aumentati gli investimenti per favorire il trasporto di merci e persone su rotaie rispetto a quello su strada o in aereo. Bisognerebbe investire sulle infrastrutture idriche, per l’obsolescenza delle quali l’Italia figura tra i paesi a rischio alto del Water Risk Atlas. E sarebbe necessario investire almeno 182 miliardi di euro – secondo Confindustria – nel settore energetico per raggiungere i target al 2030 del Fit for 55.

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