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Calcestruzzo sostenibile per ridurre le emissioni

Calcestruzzo sostenibile per ridurre le emissioni

Il calcestruzzo è tanto indispensabile all’edilizia quanto inquinante: ecco come renderlo sostenibile per realizzare infrastrutture green.

Il calcestruzzo è per molti versi un materiale da costruzione ideale: ampiamente disponibile, economico e altamente durevole, facile da lavorare e da combinare con altri materiali, ma tutt’altro che sostenibile. La sua produzione infatti consuma parecchie risorse ed energia. Pur riconoscendo il suo ruolo nella costruzione del mondo dell’uomo per come oggi lo conosciamo, è perciò arrivato il momento di trovare alternative altrettanto valide ma più sostenibili, nella scelta dei materiali di partenza e dei metodi di lavorazione. Solo così sarà possibile rendere l’edilizia veramente green.

Cos’è il calcestruzzo?

Il calcestruzzo, dal latino calx (calce) e structu (a strati), è una miscela di cemento, acqua e materiale inerte come ghiaia, sabbia e una vasta gamma di aggregati. Con circa 10 miliardi di tonnellate prodotte ogni anno, è la sostanza più consumata al mondo, seconda solo all’acqua. Ed è naturalmente anche il materiale da costruzione più utilizzato: ponti, plinti, pilastri, travi, fondamenta, pareti, tetti,… il calcestruzzo costituisce letteralmente il fondamento delle nostre infrastrutture. Al momento della produzione è infatti plastico, lavorabile e può assumere qualunque forma.

Grazie alle sue durabilità e resistenza, viene dunque utilizzato per costruire vari tipi di strutture. Basti pensare che oltre il 70% della popolazione mondiale vive in una struttura di calcestruzzo. La sua resistenza è però più legata alla compressione che alla trazione. Quando quest’ultima è significativa, al calcestruzzo si aggiunge in genere un’armatura di acciaio, che dà origine al calcestruzzo armato.

Il cemento utilizzato per produrlo è solitamente del genere Portland, a base di clinker polverizzato, oppure pozzolanico, costituito da una miscela di Portland e pozzolana. I materiali inerti più utilizzati sono ghiaia, sabbia e pietrisco, ma si stanno diffondendo anche materiali più leggeri come argilla, scisti o ardesia. A seconda della destinazione del calcestruzzo e dunque delle proprietà che deve avere, vengono aggiunti alla miscela anche acceleranti della velocità di idratazione o al contrario ritardanti, aeranti per facilitare l’incorporazione di aria e plasticizzanti per aumentarne la plasticità, impermeabilizzanti e coloranti. Ma perché il calcestruzzo tradizionale non è sostenibile?

Un materiale inquinante

Tuttavia, la massiccia produzione e l’altrettanto massiccio consumo di calcestruzzo non sostenibile in tutto il mondo, contribuiscono attivamente alle emissioni di gas serra prodotte ogni anno nel mondo. Si tratta infatti di un materiale impattante sia dal punto di vista dell’estrazione di materie prime, sia da quello della lavorazione cui sono sottoposte, sia da quello della gestione del fine vita. Il suo ingrediente principale, il cemento, è in particolare responsabile di alte emissioni di CO2. Soprattutto nel cosiddetto calcestruzzo grasso, in cui la quantità di cemento è maggiore per garantire stabilità alle strutture portanti. Nonostante venga spesso utilizzato come sinonimo di calcestruzzo, il cemento è dunque soltanto una sua parte. Il legante per la precisione, derivato dalla cottura di argille e inutilizzabile senza l’aggiunta di materiali inerti.

Un’altra ragione della scarsa sostenibilità del materiale è la necessità di grandi quantità di acqua per ammorbidire la miscela e garantirne in seguito l’indurimento. La resistenza meccanica del materiale dipende infatti dalla reazione tra acqua e cemento. Per idratare a sufficienza, serve circa il 30% di acqua rispetto al peso del cemento. C’è perciò un urgente bisogno che l’edilizia adotti materiali dal processo di produzione e smaltimento più ecocompatibili, proprio a partire dal calcestruzzo, protagonista di numerosi tentativi di svilupparne una versione sostenibile.

Il calcestruzzo sostenibile

Il calcestruzzo green è una forma di calcestruzzo ecologico prodotto utilizzando rifiuti o materiali residui di diverse industrie e richiede una minore quantità di energia e di acqua. Rispetto al calcestruzzo tradizionale produce meno anidride carbonica, è più economico e persino più durevole. Lo scopo del suo utilizzo è di ridurre lo spreco di risorse naturali aumentando l’impiego di materiali riciclati, compresa l’acqua. Per produrlo sarebbe dunque ideale sostituire le materie prime necessarie a produrre il cemento o gli aggregati con “materie prime seconde”.

Tra i materiali utilizzabili per produrre un calcestruzzo più sostenibile c’è la cenere, sottoprodotto della combustione del carbone che può sostituire il 25% del cemento nella miscela. La cenere è miscelata con calce e acqua per renderla forte e durevole, simile al cemento convenzionale. Anche le scorie d’altoforno sono un sottoprodotto che può essere riciclato e utilizzato per creare un’alternativa ecologica al calcestruzzo. Questo materiale granulare vetroso viene prodotto temprando le scorie di ferro fuso dall’altoforno in acqua o vapore e può sostituire fino all’80% del cemento.

C’è poi la microsilice, una polvere ultrafine che è un sottoprodotto della produzione di silicio. Può sostituire il 7-12% del cemento nella miscela e migliora la durabilità del materiale rendendolo meno permeabile e aumentandone la resistenza alla compressione. Il calcestruzzo realizzato con fumi di silice è specificamente utilizzato per strutture esposte a sostanze chimiche aggressive.

Ma per creare un calcestruzzo sostenibile trovare sostituti del cemento non basta: bisogna sostituire anche i materiali aggregati con risorse riciclabili e riutilizzabili. Per esempio la carta straccia, i detriti stessi di calcestruzzo oppure il vetro, materiale inerte versatile perché riciclabile e riutilizzabile per molte volte, senza modifiche delle sue proprietà chimiche. E ancora la plastica di scarto, materiale non biodegradabile facilmente riciclabile in grado di sostituire fino al 20% di materiale inerte tradizionale.

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