Siamo pronti a gestire la mole di rifiuti complessi che l’utilizzo delle fonti rinnovabili genererà negli anni a venire?
Sfruttare nuove fonti di energia significa inevitabilmente avere a che fare con nuove tipologie di rifiuti da smaltire (o riutilizzare?). La crescita delle rinnovabili è un fenomeno recente e finora non abbiamo dovuto ancora fare massicciamente i conti con tecnologie e materiali dismessi correlati al loro impiego, semplicemente perché sono ancora in uso. Ma nel giro di 10 anni i rifiuti derivanti dallo sfruttamento delle fonti rinnovabili si moltiplicheranno e dobbiamo prepararci ad affrontare il problema.
Che l’impiego di fonti energetiche rinnovabili sia la chiave per rispettare gli obiettivi del Green Deal europeo, cioè per raggiungere entro il 2050 la neutralità climatica richiesta in vista di uno sviluppo sostenibile, è indubbio. Ma affidarsi a vento, sole, acqua è soltanto il primo passo per produrre energia rispettando l’ambiente e le persone. Resta infatti da assicurarsi che anche tutto il resto del processo risulti sostenibile. La produzione di nuove tipologie di rifiuti complessi è uno dei temi centrali della transizione energetica perché, a seconda delle modalità con cui verranno gestiti, potrebbe trasformarsi in un problema insormontabile o in una grande opportunità.
Da dove arrivano i “rifiuti rinnovabili”?
Abbandonare le fonti non rinnovabili per quelle rinnovabili significa dover ottenere il massimo rendimento da queste ultime per soddisfare il fabbisogno di energia prima coperto dalle altre. E, dato che cambiare tipologia di fonte non elimina il problema dei rifiuti, quelli legati alle risorse rinnovabili aumenteranno in modo direttamente proporzionale alla crescita del loro sfruttamento. Non solo perché molte delle infrastrutture implementate negli ultimi anni giungeranno alla fine del loro ciclo vitale, ma perché il ritmo inesorabile dello sviluppo tecnologico renderà rapidamente obsolescenti quelle ancora in uso.
Precisamente, un report dell’Agenzia europea dell’ambiente (EEA) stima che nel prossimo decennio i rifiuti generati dal settore eolico (le turbine) aumenteranno del 200%, quelli legati all’energy storage (le batterie, comprese quelle destinate alla mobilità elettrica) del 600% e quelli connessi al fotovoltaico (i pannelli) del 3000%. La situazione prospettata non è necessariamente critica, anzi, potrebbe rivelarsi il vero punto di svolta per rendere il comparto delle rinnovabili davvero sostenibile.
Le opportunità da cogliere
La costruzione, la manutenzione e la sostituzione di tali infrastrutture, infatti, richiedono un utilizzo consistente di materie prime, molte delle quali considerate critiche dall’UE. E avere a disposizione grandi quantità di “rifiuti rinnovabili” da trattare in ottica circolare potrebbe consentire di ridurre il loro consumo, semplicemente riutilizzando quelle già impiegate. Pannelli, pale e batterie, infatti, contengono diversi elementi appartenenti al gruppo delle terre rare e altri materiali preziosi e di largo utilizzo. Ecco quali:
- pannelli fotovoltaici. Costituiti da alluminio, vetro, silicone, argento e rame, sono riciclabili al 95%. Le terre rare che contengono sono indio e germanio.
- Pale eoliche. Costituite da acciaio, ferro, vetro o carbonio, rame e zinco, sono riciclabili al 90%. Le terre rare che contengono sono disprosio e neodimio.
- Batterie. Costituite da grafite, alluminio, rame e nickel, sono riciclabili al 100%. Le terre rare che contengono sono cobalto e litio.
L’Europa ha perciò una grande opportunità davanti a sé. L’importante è che si faccia trovare pronta a coglierla, pianificando in anticipo le decisioni da prendere e le azioni da compiere.
Le sfide da affrontare
Il riciclo di una turbina, di un pannello o di una batteria inizia al momento della sua costruzione. In altre parole, per facilitare il riutilizzo, la riparazione o l’ammodernamento di un’infrastruttura per la produzione di energia da fonti rinnovabili bisogna progettarla già in ottica circolare, prediligendo dei materiali e un design che consentano un rapido ed efficace recupero dei componenti.
Considerare questo aspetto significa rendere più agevole il riciclo delle infrastrutture, anche se non elimina del tutto i problemi connessi al loro fine vita. Tra gli altri:
- difficoltà di lavorazione dovute all’utilizzo di materiali compositi difficili da separare, alla presenza di sostanze pericolose e/o alle basse concentrazioni di elementi di pregio
- apparecchiature non progettate per facilitare gli aspetti di fine vita/riciclabilità, ovvero non improntate all’ecodesign
- sviluppo embrionale delle capacità e delle tecnologie di riciclaggio, che muovono oggi i primi passi
- condizioni di mercato che non valutano adeguatamente gli effetti esterni dell’utilizzo di materie prime vergini rispetto a materiali riciclati e che non sono ancora in grado di assorbire questi ultimi
- problemi logistici dovuti ai grandi volumi dei materiali da riciclare e al fatto che questi si trovano spesso in località remote. Il trattamento di infrastrutture energetiche prevede infatti elevati requisiti di sicurezza.
Perciò, se seguire i principi dell’ecodesign è indispensabile, altrettanto lo è che politica e industria sviluppino approcci sistematici. Per esempio, applicando modelli di business circolare, prescrivendo obiettivi di riciclo specifici per i rifiuti delle rinnovabili e sviluppando schemi di responsabilità estesa del produttore.