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La bioedilizia parte dai materiali: casi studio con canapa e calce

Tra i materiali tipici della bioedilizia ce ne sono due che vanno particolarmente d’accordo: canapa e calce, protagoniste di due esperimenti architettonici perfettamente riusciti.

Canapa e calce si utilizzano già da millenni eppure oggi sono loro i materiali del futuro in bioedilizia. Una fusione ideale tra tradizione e innovazione che raccoglie il meglio dalla storia dell’edilizia umana e lo declina in ottica sostenibile. Il recupero di questi due materiali, come di altri altrettanto promettenti, avviene dopo decenni di utilizzo eccessivo di composti dannosi per l’ambiente e la salute. Calcestruzzo, cemento, acciaio, derivati del petrolio e altri materiali che oggi sono di uso comune sono altamente inquinanti durante tutto il loro ciclo di vita.

Il risultato è un settore edilizio responsabile del 39% del totale delle emissioni di anidride carbonica nell’atmosfera ogni anno, con una percentuale di recupero dei materiali dismessi che si ferma al 50%. Come invertire la rotta? Rivedendo l’intero processo di produzione, costruzione e demolizione in ottica circolare e, naturalmente, ecosostenibile.

La canapa

La canapa era utilizzata in Cina già nel 2700 a.C. per fabbricare tessuti e a scopo medicante e venne importata in Occidente dai Greci per la realizzazione di vele e corde navali. Nel Medioevo l’Italia era tra i maggiori coltivatori della pianta e lo rimase fino all’inizio del secolo scorso, quando venne sostituita da fibre più semplici da produrre. È tornata in auge solo recentemente, negli anni ’90, quando è iniziata una sperimentazione sull’utilizzo del materiale principalmente a scopo edilizio. Dalla canapa, infatti, si possono estrarre 4 tipologie di materiali: fibra lunga per il tessile; fibra corta per carta, feltro e altri materiali geotessili; canapulo (nucleo legnoso) per l’edilizia e semi nell’industria alimentare.

Per quanto riguarda la bioedilizia, la canapa riassume proprietà invidiabili da tutti gli altri materiali. È igroscopica, contiene l’umidità, ha proprietà isolanti dal punto di vista termico e acustico, la sua coltivazione non necessita di pesticidi, ha un basso consumo idrico e arricchisce il terreno di azoto. È, insomma, sostenibile da ogni punto di vista e in ogni fase del suo ciclo di vita.

La calce

L’utilizzo della calce nell’edilizia prende il via almeno 15.000 anni fa, nei territori dell’attuale Palestina. Era utilizzata soprattutto per pareti e pavimenti, sotto forma di intonaco e di malta. Ed è stata anch’essa messa da parte in concomitanza con la rivoluzione industriale a favore di materiali ritenuti più convenienti e performanti, come il cemento. Come la canapa, è tornata in auge da 20 anni, recuperata proprio nell’ambito di una bioedilizia affamata di nuovi materiali.

La calce è infatti un legante prodotto a partire dalla cottura di rocce calcaree, che sono talmente abbondanti in natura da non rischiare di essere esaurite prima di diversi miliardi di anni (un tempo decisamente utile alla loro rigenerazione). Inoltre, può inglobare una grande percentuale dell’anidride carbonica emessa durante la sua produzione. La stessa temperatura di cottura della calce (950°) è inferiore a quella del cemento (1500°), perciò risulta meno dispendiosa, a maggior ragione se i forni iniziassero a essere alimentati a biomasse.

Dal punto di vista delle caratteristiche del materiale, la calce è elastica e perciò in grado di adattarsi maggiormente alle oscillazioni cui è sottoposta una struttura, senza fessurarsi. Ha grandi capacità plastiche perché l’impasto si indurisce più lentamente rispetto a quello del cemento. Ed è molto più traspirante e resistente nel tempo: basti pensare che molti dei monumenti rimasti in piedi dalla Roma antica sono proprio di calce.

I materiali della bioedilizia alla prova

Cosa accade, allora, se si uniscono calce e canapa? Si ottengono edifici in perfetto stile green, votati alla circolarità e salubri. È particolarmente promettente, per esempio, il biocomposto che si ottiene dalla miscela del canapulo con calce e acqua. Risulta infatti ideale per realizzare muri, pannelli o intonaci in grado di isolare l’ambiente e di assorbire l’umidità e la CO2. Per di più, la loro catena produttiva è carbon negative, cioè assorbe più anidride carbonica di quella che emette.

In Puglia, a Bisceglie, sorge già dal 2017 il più grande complesso edilizio NZEB (Nearly Zero Energy Building) a base di canapa e calce, “Case di luce”, 42 abitazioni progettate dalla Pedone Working. Il biocemento che deriva dall’unione dei due materiali è l’elemento principale delle strutture: certificato LEED, è precisamente costituito da un truciolato di canapa legato dalla calce e garantisce un comfort abitativo senza pari.

A Bagno di Romagna, invece, esiste una “Fattoria dell’autosufficienza” frutto di un intervento di recupero ecologico. Un rudere si è trasformato in un agriturismo e laboratorio didattico il cui cappotto interno è realizzato proprio in calce e canapa, efficientando la struttura senza snaturarne l’aspetto esterno. Gli ampliamenti sono invece stati attuati a partire da mattoni fabbricati con gli stessi due materiali, dando vita a un perfetto esempio di bioedilizia.

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