Tra nuovi standard energetici e autonomous buildings l’edilizia del futuro è più vicina del previsto.
L’Europa ha compiuto un altro grande passo verso l’efficientamento del suo patrimonio edilizio. Con la proposta di revisione dell’EPBD (Energy Performance of Buildings Directive), la Commissione Europea ha infatti definito maggiormente la vision per il raggiungimento della carbon neutrality del settore edilizio. Come? Stabilendo che a partire dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere NZEB (quelli pubblici dovranno esserlo già dal 2027). A tale scopo, la proposta di revisione dell’EPBD si sofferma anche sul ruolo delle nuove tecnologie e, in particolare sulla digitalizzazione dell’edilizia, nell’ottica di una twin transition che acceleri la trasformazione del settore. E qualcuno ha già avviato ricerche e sperimentazioni promettenti proprio all’intersezione tra real estate e digitale, dimostrando come il futuro sia più vicino di quanto potrebbe sembrare.
L’EPBD per l’efficientamento dell’edilizia
L’EPBD è uno strumento legislativo fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi climatici al 2030 e al 2050, perché fissa gli standard per le performance energetiche di un settore che ogni anno consuma il 40% dell’energia mondiale e produce il 36% delle emissioni. L’80% dell’energia consumata annualmente dalle famiglie europee, tra l’altro, va ad alimentare proprio i sistemi di condizionamento dell’aria e di riscaldamento dell’acqua di casa.
Oltre a regolamentare la costruzione di nuovi edifici, infatti, la nuova EPBD si preoccupa anche di indirizzare la Renovation Wave. Non potrebbe essere altrimenti dato che nel 2050, quando l’Europa dovrà essere climaticamente neutrale, l’85% degli edifici oggi esistenti sarà ancora in piedi. Entro il 2027, perciò, il 15% degli edifici non residenziali con le prestazioni energetiche peggiori (appartenenti alla classe G) dovranno passare almeno alla classe successiva (la F). Dal 2030 la regola sarà estesa anche gli edifici residenziali.
Le classi energetiche sono quelle attestate dagli APE (Attestati di Prestazione Energetica), che analizzano le prestazioni degli edifici evidenziando gli interventi necessari a migliorarle. Anche tali “certificati energetici” sono a tema nella revisione dell’EPBD, che li vorrebbe più ricchi di informazioni e ne estende l’obbligo a tutti gli edifici pubblici, a quelli sottoposti a grandi ristrutturazioni e a quelli messi in vendita o in affitto. Entro il 2025 gli APE dovranno essere basati su una scala da A a G. Ma dovranno anche precisare il loro potenziale di riscaldamento globale, calcolato su tutto il ciclo di vita dello stabile. Unitamente allo Smart Readiness Indicator, che misura il livello di digitalizzazione dell’edilizia, saranno allora in grado di tracciare un’immagine completa delle prestazioni dell’edificio.
Per quanto riguarda le fonti energetiche, è evidente come per raggiungere la decarbonizzazione si debba affrontare una transizione alle rinnovabili. La Commissione pretende, infatti, che a partire dal 2027 scompaiano gli incentivi finanziari per l’installazione di caldaie alimentate con combustibili fossili, lasciando agli Stati membri persino la possibilità legale di vietare l’utilizzo di questi ultimi negli edifici. Dal 2040, invece, ci si auspica che non vengano più impiegati per il riscaldamento e la refrigerazione.
Digitalizzazione dell’edilizia e sostenibilità
Sul fronte della digitalizzazione dell’edilizia, che costituisce una condizione necessaria del suo efficientamento, ci sono novità altrettanto significative. Oltre a promuovere l’utilizzo delle ICT negli edifici, la Commissione Europea ha infatti stabilito la creazione di una banca dati digitale del patrimonio edilizio. Un archivio contenente tutte le informazioni necessarie a inquadrare l’edificio, dal suo certificato energetico alla traccia delle ristrutturazioni subite, perché tutti gli interessati – autorità, proprietari o affittuari e operatori del settore – possano accedere facilmente ai dati.
Anche nell’edilizia, perciò, il futuro è digitale. Non solo con l’obiettivo di migliorare le performance energetiche e il comfort ambientale, ma anche con quello di gestirla in modo più preciso e integrato. E c’è chi sta pensando di allargare lo spazio di applicazione delle più moderne tecnologie alla fase di costruzione, aprendo spiragli sul futuro delle città.
Gli autonomous buildings pronti in 15 minuti
A Mind Innovation District, per esempio, nell’area dell’Expo 2015, Lendlease ha aperto Podium MX Studios, un centro di ricerca per lo sviluppo di autonomous buildings. L’obiettivo del laboratorio è di dare vita a una città net zero rivoluzionando l’ottica in cui si progettano e realizzano gli edifici e adottando una prospettiva industriale, ma senza compromettere l’unicità di ognuno.
«Quello che stiamo cercando di fare», dichiara il CEO di Landlease William Ruh, «è riuscire a realizzare edifici in modo più veloce ed economico. Basti pensare che se con i metodi tradizionali per terminare la struttura in legno di un edificio occorrono da due a sei mesi, con l’intelligenza artificiale e gli algoritmi bastano 15 minuti». L’idea, grazie alla digitalizzazione, è di applicare all’edilizia le regole della progettazione industriale e, in particolare, di quella automobilistica. Se è possibile creare auto completamente diverse a partire dagli stessi componenti, lo stesso varrà per gli edifici. Soprattutto se in collaborazione con l’infallibilità di intelligenza artificiale, robotica e advanced analytics.
Ma l’industrializzazione dell’edilizia non mira soltanto a velocizzare e semplificare la costruzione di edifici, vuole anche renderla circolare. Partire da componenti modulari significa, infatti, incoraggiare il riciclo nel settore, dato che sarà più facile recuperarli per riutilizzarli altrove. Ultimo, ma non ultimo, l’intelligenza. La digitalizzazione dell’edificio si spinge oltre la fase di costruzione e va a costituirne la cifra principale. Negli autonomous buildings la sensoristica applicata a tutte le componenti della casa le permette di adattarsi alle esigenze di chi la abita. Ma soprattutto consente di intercettare anomalie (della struttura o dell’impiantistica) prima che si trasformino in danni irreparabili.