La nuova Direttiva sulle case green mira a raddoppiare i tassi di ristrutturazione per spingere la transizione energetica del settore.
La nuova direttiva europea sulle cosiddette “case green” non finisce di generare dibattito. Il suo obiettivo è di spingere la ristrutturazione di milioni di edifici in tutta Europa in vista di un upgrade della loro classe energetica. Ma c’è chi sostiene che le scadenze fissate siano troppo vicine rispetto alla reale capacità dei proprietari di edifici di completare la riqualificazione energetica.
D’altra parte, circa 54 milioni di persone, pari all’11% della popolazione dell’UE, sono colpiti dalla povertà energetica, numeri in aumento in seguito alla crisi energetica. E 7 edifici su 10 in Europa sono inefficienti dal punto di vista energetico, disperdendo energia da finestre, porte, muri e tetti mal isolati.
Riusciranno imprese, famiglie e pubbliche amministrazioni a rispettare i target? I tempi e i modi previsti dalla direttiva sono realistici?
Che cos’è la direttiva sulle case green?
Nella Direttiva sulle case green, l’UE ha dettagliato nuove normative che mirano a rendere gli edifici pubblici e residenziali più sostenibili nella corsa alla transizione ecologica del settore dell’edilizia. L’obiettivo sostanziale è di raddoppiare i tassi di ristrutturazione entro il 2030 per aumentare l’efficienza energetica di un parco edilizio al momento obsoleto e responsabile di gran parte delle emissioni prodotte dall’Unione Europea.
L’obiettivo finale rimane sempre quello di raggiungere entro il 2050 la carbon neutrality, cioè l’impatto zero sull’ambiente e sul clima da parte delle attività umane. Perché ciò accada, è indispensabile fissare target intermedi di riduzione delle emissioni ed efficientamento energetico. Ecco perché la direttiva stabilisce che già dal 2026 tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a emissioni zero e dal 2028 anche tutti gli altri. Dal 2030 tutti gli edifici già esistenti dovranno aver raggiunto almeno la classe E di efficienza ed entro il 2033 la classe D. Nel 2032 invece subentrerà l’obbligo di installazione di tecnologie solari e dal 2035 sarà vietato il riscaldamento a base di combustibili fossili.
L’EPBD (Energy Performance of Building Directive), il cui aggiornamento è stato proposto dalla Commissione Europea a dicembre 2021, è stata approvata a marzo 2023 dal Parlamento Europeo. Deve ora essere precisata nell’ambito di negoziati con i Governi, che daranno vita al testo definitivo. Gli Stati membri dovranno contestualmente definire piani per il rispetto dei suddetti obiettivi, nonché misure di sostegno e premi per le cosiddette deep renovation, ristrutturazioni profonde.
Cosa comporta per l’Italia?
Gli obiettivi intermedi fissati dalla nuova direttiva sulle case green comportano in Italia la ristrutturazione e riqualificazione energetica di circa 2 milioni di edifici. Una prospettiva che ha perplesso molti, dati i tempi così ristretti e gli standard imposti in modo indiscriminato, nonostante le poche eccezioni. Ci deve perciò interrogare su diverse problematiche connesse al rispetto di questi target, dalla sostenibilità economica degli interventi da parte di famiglie, imprese e pubbliche amministrazioni agli effetti che una tale norma può avere su un patrimonio immobiliare costituito in gran parte da edifici storici, un quadro molto diverso da quello dei paesi nordeuropei.
L’EPBD lascia ai singoli paesi la possibilità di esentare dal raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione alcune tipologie edilizie:
- edifici dal valore architettonico o storico
- chiese e luoghi di culto
- edilizia sociale i cui interventi di riqualificazione farebbero aumentare l’affitto più di quanto farebbero diminuire le bollette
- edifici in cui una ristrutturazione non sarebbe fattibile o conveniente, per mancanza di manodopera qualificata o perché il costo degli interventi supererebbe il valore dell’immobile
Perché l’EPBD è stata aggiornata?
Nonostante le perplessità, la nuova direttiva sulle case green si basa su un assunto innegabile. Siamo vicini al punto di non ritorno e rischiamo di non avere più tempo per invertire la rotta del cambiamento climatico preservando la vita sulla terra. La direttiva mira infatti ad accelerare il più possibile la transizione, promettendo vantaggi tangibili sotto diversi profili:
- Affronterà la povertà energetica in due modi, ristrutturando prima gli edifici che consumano più energia e introducendo misure di finanziamento, tutele sociali e servizi di informazione
- Ridurrà le bollette energetiche, dato che gli edifici climaticamente neutri consumano pochissima energia, possono immagazzinarla e persino reimmetterla in rete
- Creerà posti di lavoro locali nei settori delle costruzioni, delle ristrutturazioni e delle energie rinnovabili
- Conferirà ai proprietari di case un ruolo attivo nella transizione energetica, consentendo loro di liberarsi dalle bollette energetiche elevate e dalla dipendenza dai combustibili fossili producendo la propria energia rinnovabile, individualmente o come parte di una comunità energetica